“Il cambiamento climatico per il settore vitivinicolo è peggio della filossera”. Questo è quanto afferma Miguel A. Torres durante il suo discorso di apertura della conferenza dell’International Wineries Climate Action (IWCA) tenutasi nel mese di Ottobre. A questo aggiunge che “non si tratta più di cambiamento, ma di emergenza climatica”.
Chi il vino non lo produce ma lo beve può non avere immediata percezione di quanto il climate change influenzi (anche) il mondo del vino. Dal lavoro in vigna a quello in cantina, dall’uva al calice: l’intero processo è coinvolto.
Per comprendere la portata della dichiarazione di Torres occorre ricordare cos’è la fillossera e le sue conseguenze. La fillossera è un insetto che tramite le sue punture attacca le radici e le foglie della vite, compromettendone le funzionalità fino a provocarne la morte. Questo insetto di derivazione americana inizialmente si diffuse in Francia e dalla seconda metà dell’800 nel resto d’Europa e causò un’infestazione dai danni ingenti. Si stima che nella sola Francia circa 2,5 milioni ettari furono distrutti, con un relativo calo del prodotto interno lordo delle regioni colpite tra il 16 e il 22%.
Sostenere quindi che il cambiamento climatico sia più grave di questa infestazione non è cosa da poco. Le parole di Torres hanno eco in un contesto in cui il cambiamento climatico permea ogni aspetto della nostra vita, vino compreso.
Come si manifesta il cambiamento climatico in vigna
Quando pensiamo alle conseguenze del cambiamento climatico (in passato ci siamo occupati di come lo affrontano gli agricoltori), il primo aspetto che forse viene in mente è quello legato alle temperature. Nel corso dell’ultimo decennio in Italia queste sono aumentate di più di 1,5 gradi rispetto ai valori di riferimento degli anni 1961-1990.L La temperatura media in quasi tutte le regioni italiane ha superato nel 2020 i 12 gradi.
Le temperature elevate hanno gravi ripercussioni in vigna: il caldo porta la vite ad avere bisogno di più acqua, i grappoli rischiano di bruciare e seccare sotto al sole e la poca escursione termica tra il giorno e la notte provoca una traspirazione della pianta ancora maggiore. Inoltre, con piogge meno frequenti e forte siccità, la pianta non riesce ad avere sufficienti riserve d’acqua (propriamente si dice che va in stress idrico) ed è costretta a trarre nutrimento dagli acini, che matureranno più velocemente divenendo più poveri di acqua e più ricchi di zuccheri. Non solo, avranno anche meno aromi poiché le temperature elevate alterano i processi di maturazione che avvengono al loro interno. In questo scenario è possibile si debbano raccogliere grappoli ancora non maturi, oppure, se si aspetta la maturazione, si otterrà un vino con un grado alcolico più elevato e meno stabile.
Tanto quanto l’estrema siccità, anche la pioggia e le gelate possono rappresentare un problema per i vignerons. Come mi racconta Federico Perdisa della cantina vinicola Palazzona di Maggio, “Non sai se sperare che piova o che non piova, perché se poi piove hai il timore che grandini”. Grandinate e gelate intense rischiano di compromettere non solo la produzione dell’anno in corso, ma anche quella degli anni successivi; piogge troppo frequenti invece rendono più probabile la diffusione di funghi da cui è difficile proteggersi poiché se piove troppo non possono essere applicati trattamenti in vigna.
I fenomeni estremi (caldo, gelate, grandinate) sottopongono le piante a forte stress e provocano una progressiva riduzione della loro capacità produttiva, se non addirittura la loro morte. Il risvolto economico è conseguente: ad una produzione inferiore corrispondono meno vendite e minore fatturato, ma non solo. In parallelo aumentano i costi, specialmente per le aziende che svolgono una raccolta manuale. La selezione dei grappoli infatti deve essere ancora più accurata, lo scarto aumenta e più complesso diventa anche il lavoro in cantina.
In estrema sintesi, il cambiamento climatico comporta maggiori rischi, maggiori costi e grande incertezza, in vigna e in cantina.
Come intervenire
Tornare indietro è impossibile, lo sappiamo. I vignerons, però, possono adottare due strategie complementari: da un lato adattarsi al cambiamento climatico, dall’altro cercare di mitigarlo. La prima evidenza di (necessario) adattamento è la raccolta anticipata, che per alcune tipologie di uve avviene con persino 20 giorni di anticipo rispetto al passato. Si possono poi adottare degli accorgimenti in vigna, quali la cimatura tardiva e una sfogliatura specifica, che consiste nel lasciare le foglie nel lato in cui la vite è esposta al sole delle ore più calde così da proteggere i grappoli, e nel toglierle sul lato opposto, dove i raggi del sole sono meno intensi. Molto importanti sono inoltre le pratiche agronomiche per aiutare la pianta ad avere radici più stabili e ad assorbire i nutrimenti del terreno in maniera più efficace. Anche l’irrigazione può essere di aiuto, benché in condizioni climatiche stabili non dovrebbe risultare necessaria per avere vini di qualità, tanto che i disciplinari dei vini DOP la consentono solo come intervento di soccorso.
Sui vitigni esistenti le strategie di adattamento e mitigazione inevitabilmente prevalgono su quelle preventive, mentre per i nuovi vitigni il margine di intervento è maggiore. Ad esempio si possono decidere esposizione e altitudine in base alle necessità (territorio, suolo, clima, tipo di uva…). Efficace e di supporto è anche la scelta dei portainnesti, sui quali si sta svolgendo molta ricerca al fine di renderli sempre più adeguati a sopportare le condizioni climatiche attuali e a consentire una miglior sopravvivenza della pianta. L’obiettivo è rendere le viti più resilienti.
Ma è negativo per tutti i produttori?
Finora abbiamo esaminato solo gli aspetti negativi che il climate change trascina con sé. Non per tutti, però, i risvolti sono così pessimistici. Alcune tipologie di uve quali la barbera e la durella, per citare due esempi, possono beneficiare di temperature più elevate, grazie alle quali raggiungono una maturazione più completa e al contempo mantengono un maggiore equilibrio nel corso del tempo. Inoltre, terreni al nord che per conformazione e clima erano vocati a pochi vitigni, possono oggi ospitare anche varietà che erano sempre state tipiche di regioni meridionali.
Di fronte alle tante incertezze, due cose sono sicure: il cambiamento climatico esiste e anche il vino ne è influenzato.