La farina di castagne sembra non godere più di tanti fan. Il castagnaccio, la ricetta più famosa ottenuta da questa farina, è un dolce il cui apprezzamento – per la consistenza gommosa e il sapore “poco dolce” – richiede un po’ di allenamento e per questo è sempre meno diffuso. E sicuramente il “marciume bruno” delle castagne, malattia causata dal fungo Gnomoniopsis castaneae Tamietti che ha decimato la produzione di castagne degli ultimi vent’anni, non ha aiutato il mercato in meglio.
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La farina di castagne: la tradizione
C’è un antico proverbio (riportato da fonte autorevole senza necessità di fact checking: mia madre) che dice che all’interno di ogni riccio di castagne ci sono tre frutti: due più grandi, che andranno al padrone del castagneto e al raccoglitore di castagne, e uno più minuto, che andrà al povero. Storicamente le castagne sono state considerate il “pane dei poveri”, ma questo non è più valido. La penuria di questi frutti ha caratterizzato un aumento dei prezzi ed un conseguente calo della domanda. Ed è un peccato, perché la farina di castagne è piena di proprietà molto interessanti. È ricca di carboidrati ma ha anche un ottimo contenuto proteico e di fibre ed è piena zeppa di sali minerali e vitamine.
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Come si fa la farina di castagne
Mi sono fatto raccontare da Tinti e Gianna dell’azienda Il Felcetone, che si estende sulle pendici ovest del Monte Amiata nel comune di Seggiano, Maremma, il procedimento e le criticità attuali per produrre la farina di castagne. L’azienda ha infatti un castagneto di un ettaro risalente al ’700, dove crescono varietà davvero autoctone (nella zona sono stati trovati fossili di castagno).
Oltre ad essere vendute, le castagne venivano anche usate per ricavarne la farina dolce, elemento base di diverse ricette tipiche del seggianese e dell’amiatino come la polendina (una sorta di farina dolce) con ricotta fresca o guanciale, i ravioli dolci di castagne, i necci (simili a crêpes) o le frittelle di farina di castagne.
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Uso volutamente il passato, perché al momento la produzione di farina è diventata quasi impossibile. I pochi detentori di questa tecnica sono anziani e ci stanno piano piano lasciando, Tinti e Gianna hanno voluto imparare la tecnica, ma nessuno si è dimostrato intenzionato a trasmettere questo sapere. “Abbiamo iniziato a fare la farina di castagne nel 2006, il nostro vicino faceva essiccazione a legna, ma è un lavoro di estremo sacrificio perché il fuoco non si deve mai spegnere. Questo significa doversi alzare anche nel cuore della notte per tenere vivo il fuoco. Ora questo signore non c’è più e le nuove generazioni di certo non sono disposte a sacrificare la propria vita per questa produzione”.
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Il procedimento è questo: si prendono le castagne piccole (varietà dolci) e le si mettono dentro un seccatoio altrimenti chiamato metato; un piccolo locale, realizzato in pietra o mattoni, destinato alla essiccazione delle castagne, denominazione tipica dell’Appennino tosco-emiliano. Le castagne sono disposte uniformemente nel soffitto di questo essiccatoio, al di sotto del quale c’è una camera con un braciere alimentato a legna di castagno.
Le castagne vengono lasciate 40/45 giorni ad essiccare a fuoco continuo, di tanto in tanto rigirate, dopodiché, continua Tinti del Felcetone, “vengono sbucciate con una macchina buffissima da cartone animato, con rulli metallici che girano e che producono i marron secchi. Questi si portano poi al mulino, nel nostro caso a Santa Fiora, e si ottiene la deliziosa farina col tipico sapore di bruciato. Abbiamo assaggiato anche quella ottenuta con caldaie a gas, ma il sapore non è nemmeno lontanamente paragonabile”.
Come si usa la farina di castagne: i ditali
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C’è un ricordo alimentare d’infanzia che mi insegue da sempre. Pur essendo io un filino giovane rispetto al periodo storico in cui questo “piatto” era diffuso ho avuto comunque modo di conoscerlo, nella campagna emiliana in cui sono cresciuto, e apprezzarlo: si tratta dei ditali di castagne: ditali come i copri dita che le nonne e le sarte usano per cucire, riempiti di farina di castagne pressata, cotti nella stufa economica o sulla piastra del piano cottura domestico. Un esempio magistrale di food design ante litteram.
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La farina di castagne si compatta col calore, inoltre zuccheri e proteine al suo interno sviluppano una fantastica reazione di Maillard, più visibile nella superficie a contatto col ditale di metallo che col calore diventa rovente. Il risultato, estratto dallo stampo, è un biscotto dolce, affumicato e croccante, realizzato in pochi minuti e con la forma dei ditali della scatola di cucito della nonna.
Sul blog di Mina e le Ricette del Cuore potete trovare una ricetta dei ditali di farina di castagne.
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Il Felcetone vende ancora qualche piccola quantità di farina di castagne, ma è legittimo pensare che in un futuro molto prossimo questo possa essere un prodotto in via di estinzione. Quale migliore occasione dunque di questo autunno per provare questo ingrediente, realizzando i ditali di castagne che adesso sapete come fare?