Potremmo affermare che la nostra epoca sia profondamente caratterizzata da innumerevoli e continue innovazioni tecnologiche applicate all’industria del cibo, pensate solo ai fast food. Il motivo è semplice: siamo nel pieno di una rivoluzione degli stili di vita e delle abitudini alimentari.
Ogni giorno che passa di più ci rendiamo conto che il “vecchio metodo” non è più sostenibile e cerchiamo di agire con maggiore consapevolezza attraverso la creazione di alternative più sostenibili che spesso, anzi quasi sempre, passano per un’alimentazione più vegetale. Guardando in prospettiva questi ultimi anni, possiamo riconoscere nettamente un trend: riprodurre alimenti che già conosciamo, con la stessa forma e lo stesso sapore… ma in versione vegana.
Un esempio sono gli hamburger vegetali, irriconoscibili in mezzo ai più classici hamburger di manzo, il “filetto vegano che sanguina” o ancora la pancetta vegetale e il wurstel weg. Sulla scia di tutto questo e per la serie “non finiremo mai di stupirci”, l’ultima invenzione sono le uova vegane.
Next Egg 1.0, così si chiama l’uovo ideato in Giappone dalla Next Meats, una food-tech venture company specializzata nella ricerca e nello sviluppo di prodotti alternativi alla carne. L’azienda ha lasciato trapelare poche informazioni a riguardo e al momento ci è dato sapere solo che si tratta di un calibrato mix di proteine vegetali della soia, ingrediente protagonista per eccellenza di altri alimenti sostitutivi della carne.
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Uova Vegane: cosa sono e chi le produce
A dire il vero Next Meats non è la prima realtà che approccia l’idea di un uovo “artefatto.” Per fare qualche esempio si può citare Just Egg, una società di San Francisco che ha creato un prodotto a base di fagioli venduto sotto forma di uova strapazzate, o il progetto messo in atto nel 2017 da quattro studentesse dell’Università degli Studi di Udine in cui brevettarono una versione made in Italy dell’uovo per vegani.
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La Next Meats ha voluto ovviare a una problematica forte in Giappone, ovvero l’elevato consumo di uova pro capite, il più alto al mondo: 320 uova a testa all’anno, un numero che su 125,8 milioni di persone ha un impatto ambientale non indifferente. Inoltre la creazione dell’uovo vegano può risultare un passo utile non solo per provare a diminuire l’impatto degli allevamenti intensivi, ma anche per tutti coloro che sono allergici alle uova: al di là dello shock e/o dello scetticismo iniziale, è indubbio che di lati positivi nell’uovo vegano se ne possano trovare tanti. Se però da un lato penso ovviamente che sia lodevole lavorare e fare ricerca nell’ottica del progresso della sostenibilità, dall’altro mi chiedo perché abbiamo bisogno di sostituti, piuttosto che di nuovi prodotti.
L’uovo vegano ci serviva davvero?
Il punto oggi non è più se si mangia vegano, vegetariano o crudista, ma piuttosto capire quanto di quello che ci viene proposto ha davvero senso, dal punto di vista nutrizionale e ambientale, e cosa esattamente ci spinge a mangiarlo.
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La farinata di ceci è un’ottima alternativa, per sapore e consistenza, alla frittata. Il tofu strapazzato può fare ottimamente le veci delle scrambled eggs. I semi di lino possono sostituire l’uovo negli impasti dolci. E così via. Insomma: abbiamo davvero bisogno di proteine di soia assemblate a forma di uovo o è l’ennesima trovata di marketing?