Ci eravamo cascati anche noi. O meglio, ci avevamo creduto. Ci sembrava una notizia così foriera di ottimismo e intraprendenza: l’Eleven Madison Park, uno dei migliori ristoranti al mondo, diventa vegano. Lo chef Daniel Humm aveva annunciato che dal menu sarebbero completamente spariti carne, via pesce, via uova, via formaggi. Il ristorante avrebbe coraggiosamente rinunciato ad alcuni dei suoi cavalli di battagli come il torchon di foie gras, sciroppo d’acero e pain d’épices o l’anatra alla lavanda e alla sua riapertura il 10 giugno sarebbe diventato 100% plant-based.
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Nell’annunciare il nuovo menu Humm aveva detto che voleva “ridefinire il lusso come un’esperienza che serve a uno scopo più alto e mantiene una connessione genuina alla comunità. Siamo emozionati di condividere le incredibili possibilità di una cucina plant-based mentre approfondiamo la nostra connessione alle nostre case: la nostra città e il nostro pianeta.” Ci sembrava che un gesto così rivoluzionario avesse le potenzialità di accelerare un cambiamento, peraltro già in atto, nel fine dining mondiale. Forse i migliori chef del pianeta non avrebbero cambiato le sorti del pianeta, ma sicuramente avrebbero dato un buon esempio: si può fare alta cucina vegetale.
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Beh, diciamo che non è andata proprio così. A svelarcelo il celebre critico Pete Wells sul New York Times. Prima di tutto, a Wells non è affatto piaciuta la sua esperienza al ristorante. I piatti, scrive, sono imitazioni dei loro corrispondenti di carne e pesce in una maniera così sfacciata che “quasi ti dispiace per loro” e non valgono gli oltre 300 dollari del menu (il prezzo è rimasto invariato). Ma non è quello il punto – anche se vi consigliamo di leggere la recensione perché è divertentissima. Il punto è che, anche se non lo dice, l’Eleven Madison Park continua a servire carne.
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All’interno del ristorante c’è una “private dining room” con un menu speciale che tra le altre cose include un filetto di manzo arrosto. Il menu sarà attivo fino a fine anno, poi non si sa cosa succederà. Quindi? Come dobbiamo considerare la rivoluzione vegana di Humm: un’operazione ben riuscita di marketing? Un tentativo di risparmiare sul food cost? O magari dietro l’annuncio dello chef c’erano delle buone intenzioni, ma quando si tratta dei ricchi più ricchi del pianeta (chi altro potrebbe permettersi la private dining room?) non c’è modo ci convincerli a rinunciare alla carne? Gli interrogativi rimangono irrisolti ma certo un po’ di delusione c’è. Anche oggi dell’ambiente ci si preoccupa davvero domani.