La mela racconta la storia dell’umanità, ma non è mai stato il frutto del peccato

storia della mela

Non tutti i frutti si possono vantare di avere una storia così intensa come la mela. Forse non sarà trendy come l’avocado né stravagante come il tamarindo.

Tuttavia la mela, nella storia dell’umanità, ha un ruolo abbastanza importante.

Non a caso esiste una ricorrenza dedicata a questo frutto: il 21 ottobre è ufficialmente la Giornata della mela, e noi abbiamo deciso di onorarla raccontando qualche storia dove è la protagonista assoluta.

La mela nella storia: da Adamo ed Eva 

Giardino dell’Eden. Ora della merenda. Dio. Adamo ed Eva. Un albero. Un serpente. Un divieto. Sì, tutti sappiamo come andrà a finire questa storia.

Ma… qualcuno ha sentito dire mela? No, perché il frutto del peccato, la famosa mela che ci immaginiamo rossa e gustosa, non è mai stata tale. Se non ci credete, prendete subito la Bibbia dimenticata lì nell’angolo di casa  e aprite la Genesi 3, 1-6.

 

Vedrete che la Genesi tace su quale sia la varietà botanica dell’Albero del Bene e del Male. Soltanto ci racconta che è “un frutto”. Anonimo. Innominato. Muto.

 

Perché da centinaia di anni crediamo sia stata proprio una mela il frutto mangiato da Eva? Per rispondere a questa domanda dovete aprire ancora la Bibbia. Prendete questa volta il dizionario di Latino e cercate il sostantivo “mela”: malum, mali. Poi fate la stessa operazione con l’aggettivo “male”: malus, mala, malum. Latino. Nominativo. Casino!

 

L’omonimia tra la parola latina “malum” sia per identificare il “male” sia per nominare la “mela” ha legato a doppio filo per sempre la mela e le tentazioni terrene. La persona che si ritiene essere stata responsabile della diffusione di questo legame è il pittore tedesco Albert Dürer, che a cavallo fra 1400 e 1500 nel suo dittico Adamo ed Eva, conservato al Museo del Prado, ha dipinto senza esitazione una lucente mela. Anzi, due. I pittori successivi hanno seguito questa sua strada e da lì in poi questa rappresentazione pittorica della mela come il frutto del peccato ha finito lentamente per imporsi.

Ma prima di Dürer non era affatto così. Non sapere quale fosse il frutto per cui siamo stati condannati è stato un terreno fertilissimo per la fantasia dei pittori, permettendogli di chiedersi come avrebbe potuto essere stato il suo aspetto o la sua consistenza e immaginando per esso mille forme e colori.

Tra le loro pennellate titubanti a volte riusciamo a intravedere un cedro, altre un’arancia, altre qualcosa che potrebbe sembrare una pesca e più delle volte un misto indefinito tra tutti loro.

Anche se l’ipotesi più convincente è che il frutto morso sia stato un fico, poiché dopo averlo mangiato Adamo ed Eva si sono coperti con le sue foglie. E visto che ci siamo, alle donne è stato attribuito il simpatico discredito di essere, tra l’altro, portatrici del male. Curioso che non si parli invece dell’inesistente castigo ad Adamo, almeno morale, per avere fatto la spia dell’atto della sua compagna… Pure voi sentite questa puzza di misoginia?

Altri miti sulla mela: il pomo d’oro 

Oltre all’episodio raccontato nella Genesi, anche i Greci avevano visto nella mela una sorta di ago con cui tessere il filo dei suoi miti. Tutto comincia ad un matrimonio, quello tra Teti e Peleo, i futuri genitori di Achille. Tutti gli dèi dell’Olimpo sono stati invitati, eccetto una: Eris, dea della discordia. Eris si presenta lo stesso e lo fa proprio al banchetto di nozze, portando con sé una mela d’oro con la scritta “Alla più bella”. La lancia sul tavolo traboccante di cornucopie, raccoglie la sua tunica e se ne va lasciando una bella aria di tensione tra gli avanzi del banchetto e i calici di ambrosia.

 

Il desiderio di possedere la mela d’oro per sé scoppia fra le dee Era, Atena e Afrodite che cominciano a litigare. Chiedono quindi a Zeus di decidere chi la meriti. Lui, da buon tattico, prevedendo le conseguenze, preferisce delegare la scelta a Ermes. Ermes, a sua volta, preferisce che sia un mortale a prendere la decisione, immaginando un giudizio imparziale. Il prescelto è Paride, principe di Troia. Potendo scegliere tra la forza che gli darà Era in cambio per essere scelta come la vincitrice, oppure la saggezza che gli offre Atena, Paride sceglie Afrodite come la più bella tra le dee e le consegna la mela d’oro. Afrodite gli aveva promesso l’amore di Elena, la donna più bella del mondo. Da lì sappiamo tutti cosa è successo (spoiler: la Guerra di Troia), e tutto a causa di una donna.

 

Continuate a sentire la puzza di misoginia? Sembra che fare di una donna la causa del male fosse uno sport che si praticava con fervore sia nel Giardino dell’Eden sia in cima al Monte Olimpo.

Newton e la mela caduta dal suo melo che esiste ancora oggi

La storia della mela non si è solo alimentata di mito e religione. Anche di Scienza.

La mela caduta sulla testa di Newton grazie a cui lui scoprì la forza di gravità ci potrebbe sembrare un aneddoto abbellito. Invece è vera. O quasi. Un giovane Isaac Newton dovette lasciare Cambridge per scappare dalla Grande Peste. Rientrato a casa, a Woolsthorpe Manor, lontano dai rigori scolastici, occupò il suo tempo a osservare, sperimentare e a porsi qualche domanda. Lui stesso confessò che fu uno dei periodi più fruttuosi della sua vita. Non sappiamo quanta dose di ironia ci fosse in quelle parole, ma questa tappa è conosciuta come Annus Mirabilis oppure anno meraviglioso.

 

È il suo amico William Stukeley la persona che dobbiamo ringraziare per aver riportato la sua conversazione con Newton, poco prima della sua morte:

 

«Dopo cena, in una serata calda, andammo in giardino per bere un tè, sotto la chioma di un albero di melo… Lui mi disse che quella era la stessa situazione in cui si trovò la prima volta che la nozione di forza di gravità si formò nella sua mente. Fu grazie alla caduta di una mela, mentre sedeva in contemplazione. Perché la mela cade sempre perpendicolarmente al terreno? Pensò tra sé e sé. Perché non potrebbe cadere di lato o verso l’alto, ma sempre verso il centro della terra?»

 

Le risposte a queste domande, e a qualche altra, prenderanno forma venti anni dopo nei Principi matematici della filosofia naturale, noto semplicemente come Principia. Avere la testimonianza scritta non è l’unica cosa straordinaria di questa storia. Neppure il fatto che in questa occasione si sappia la varietà botanica della mela. La cosa straordinaria è che quest’albero esiste ancora oggi e si trova in diverse parti del mondo.

 

Un secolo dopo la morte di Newton, una grossa parte del tronco del melo fu distrutto da una forte tempesta. I pezzi rotti si utilizzarono per costruire mobili e scatole. La storia potrebbe finire qua, con l’albero di Newton convertito in sgabello.

Fortunatamente, prosegue. Perché la parte sopravvissuta del tronco rimarrà radicata e le sue radici continuarono a crescere. La dendrocronologia, il metodo di datazione che consente di stabilire il periodo di vita di un albero, conferma l’happy end di questa storia.

Perciò, se oggi andate a Woolsthorpe Manor, troverete ancora questo “Flower of Kent” ostinatamente attecchito alla terra della tenuta. Ma lo potrete ammirare anche se andate all’Università di Tokyo, di Nebraska oppure al Trinity College di Cambridge, alma mater di Newton, dove tutti loro continuano a ispirare le nuove generazioni di scienziati inquisitori.

Questi alberi, sparsi per le università di tutto il mondo, sono nati dai pezzi innestati dal primigenio “Flower of Kent”, sopravvissuto a quella notte di tempesta. Adesso è protetto dal National Trust ed è andato persino nello spazio in una missione della NASA. Sicuramente al vecchio Sir Newton avrebbe fatto ridere vedere come quel pezzo di melo scampava alla gravità, scoperta proprio grazie al suo frutto, rimanendo incredibilmente sospeso nello spazio.

Forse la mela non ha cambiato il mondo, ma la sua presenza silenziosa oltre a sfamarci, ci ha aiutato a capirlo meglio. Sono sicura che da oggi in poi non guarderete al vostro fruttivendolo allo stesso modo.