In Europa è un “signor nessuno”, ma in India e nel sud est asiatico lo conoscono tutti. In Bangladesh lo hanno persino proclamato frutto nazionale. Sto parlando del Jackfruit, anche detto Giaca e Jako (il nome scientifico invece è al limite dell’impronunciabile: Artocarpus heterophyllus). In questo pezzo provo a darvi qualche buon motivo per includerlo nella vostra wishlist dei “frutti esotici strani da provare almeno una volta nella vita” e soprattutto ricette di jackfruit da provare a casa.
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Cos’è il Jackfruit
Se volete assaggiare il frutto più grande del mondo tra quelli che crescono sulla pianta allora il Jackfruit fa al caso vostro: può arrivare fino a 1 metro di lunghezza con un peso medio che oscilla fra i 5 e i 7 chili, ma che raggiunge tranquillamente i 30-40. L’albero è originario delle pendici meridionali dell’Himalaya indiano e oggi la coltivazione è diffusa anche a basse latitudini in gran parte del sud est asiatico. Così come in Australia (costa settentrionale), in Brasile (costa atlantica), in alcune regioni tropicali dell’Africa e nei Caraibi.
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Si tratta di una varietà molto facile da coltivare, che resiste alle alte temperature e alla siccità. Detto in altre parole, il Jackfruit ha il profilo della pianta perfetta ad affrontare il cambiamento climatico che ci troveremo ad affrontare nei prossimi anni. Sono in tanti a pensare che la sua diffusione su larga scala rappresenterebbe una soluzione ai bisogni alimentari di molte nazioni povere che oggi faticano a produrre grano, riso e mais in quantità sufficienti.
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Jackfruit: ricette di “carne finta”
C’è addirittura chi ha definito il Jackfruit “la carne del futuro”. In effetti è un vero superfood: energetico, ricco di sali minerali (potassio, magnesio, calcio e fosforo), fibra alimentare e vitamine. Ma soprattutto la sua polpa “bulbosa” ha una consistenza e fibrosità per certi aspetti simile a quella della carne. Come quest’ultima può essere cotta e – udite udite – una volta arrostito il suo sapore ricorda in maniera sorprendente quello della… porchetta! Ad esempio provate questa ricetta di stufato di jackfruit con verdure, patate, pomodoro e spezie: la cottura è abbastanza breve e si conserva qualche giorno.
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Qual è il gusto del Jackfruit
Al naturale invece il Jackfruit richiama il gusto del mango e dell’ananas, con una nota dolce che è tipica di tutta la frutta esotica. Altri descrittori che ricorrono quando si cerca di definirne l’aromaticità sono: fragola, vaniglia, banana. Ma attenzione a consumarlo fresco solo quando è il frutto perfettamente maturo, altrimenti si rischia l’indigestione. Capire il grado di maturità è facile: la buccia esterna, da verdognola, diventa di un bel giallo scuro.
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Vi ricordate il Durian? Ecco, le fattezze del Jackfruit non sono molto diverse, con una buccia coriacea fatta di tanti “spuntoni”. Rispetto a quelli del Durian, però, le “spine” del Jackfruit sono decisamente più piccole e smussate. L’interno è formato da una serie di “cuori” di colore giallo brillante che nascondono all’interno qualche seme. I semi possono essere tostati, lessati o trasformati in farina; hanno un sapore vicino a quello delle castagne e delle noci macadamia.
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Jackfruit: ricette con la polpa
Ancora più versatile è la polpa. In molti paesi viene proposta cruda in versione salata, come fosse una verdura: condita con sale, peperoncino e spezie. Ma il consumo del Jackfruit è soprattutto “previa cottura”: fritto a mo’ di patatina o polpetta veg, saltato in padella e unito ad altri ingredienti per la preparazione di stufati, zuppe, tacos ma anche creme e salse agrodolci. Da provare questo curry di jackfruit e patate dolci, completamente vegano, da servire con il riso.
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In Tailandia e Vietnam, tra i maggiori produttori, il frutto viene messo all’interno di barattoli di vetro con l’aggiunta di uno sciroppo dolce. Molto diffusa anche la conservazione in salamoia: in questo modo il Jackfruit perde la sua dolcezza originaria e si trasforma in un prodotto dal sapore più neutro, il cui uso può essere equiparato a quello del tofu. Da ricordare, infine, il Jackfruit da bere: dalla fermentazione della polpa si ricava infatti una bevanda a basso tenore alcolico dall’inconfondibile gusto dolce e tropicale.