Ho conosciuto Carlo Maria Recchia nel 2016. Allora lui era un giovanissimo (22 anni) agricoltore che aveva appena trasformato il suo sogno del liceo in realtà. Cinque anni dopo, è un’imprenditore a capo di un business florido, che ha fatto conoscere all’Italia un cereale dimenticato: il Mais Corvino.
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Tra tutti i sogni che può avere un ragazzino, quello dell’agricoltura è sicuramente curioso (o almeno lo era fino a qualche anno fa, visto che negli ultimi anni si parla di “ritorno alla terra” dei giovani). Specialmente se non viene da una famiglia di contadini: “Fin da bambino io volevo fare l’agricoltore, ma non è facile se non sei figlio d’arte,” racconta Carlo Maria Recchia, che viene da Formigara, provincia di Crema.
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Mais Corvino: La Storia
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Nonostante le resistenze dei suoi genitori si iscrive all’Istituto Tecnico Agrario e durante una ricerca scolastica viene a conoscenza del Mais Corvino, una tipologia di mais nero risalente all’epoca dei Maya di cui non si hanno tracce in Europa dal 1700. Inizia a fare ricerche e scopre che esistono dei semi alla banca del germoplasma delle Isole Svalbard. Ne ordina 40 e prova a farli crescere nell’orto della sua vicina di casa.
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Nel 2014 apre la ditta CMR Mais Corvino, che ora si estende su 15 ettari, dove cresce oltre 1 milione di piante di mais. La giovane età di Recchia non è stata solo utile a fare i titoli di giornale ma anche a capire in quali modelli di business inserirsi: “Siamo gli unici in Europa a coltivare il mais corvino. Abbiamo un mulino a pietra con cui maciniamo la farina, che distribuiamo a chef anche stellati, sia in Italia che all’estero. Produciamo birra, pasta trafilata al bronzo, biscotti vegani, snack, colombe e panettoni al mais corvino.”
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Mais Corvino: Le Proprietà
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Oltre a essere ovviamente senza glutine, il mais corvino ha diverse proprietà che lo rendono praticamente un superfood, un alimento dalle grandi proprietà nutritive. Ci spiega Recchia: “È ricco di antocianine – 480 mg per kg, il mirtillo per dire ne ha 500 – che hanno una funzione antiossidante . Ha il doppio di proteine del mais comune, più fibra e meno carboidrati.”
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Il concetto di “superfood” non dovrebbe mai portarci a idolatrare un singolo cibo e pensare che sarà quello a cambiare la nostra alimentazione e renderci più sani, più belli, impermeabili alla kryptonite. Ma certo fa impressione come questo stupefacente mais corvino sia stato dimenticato per secoli e riscoperto da un agricoltore nemmeno ventenne. Sopratutto considerando che, spiega, a livello mondiale c’è un monopolio del mais da parte delle grandi industrie che va a scapito delle piccole varietà locali.
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Qual è la sua visione per il futuro della sua attività e, in generale, dell’agricoltura in Italia? “Vedo una diminuzione del “biologico”: forse le persone hanno perso fiducia, forse hanno capito che esistono altri prodotti validi e garantiti senza certificazione. E secondo me si sta sgonfiando anche la bolla del gluten free a tutti i costi, cercato anche da chi non lo deve evitare per ragioni di salute, come la celiachia. Senza glutine non vuol dire necessariamente ‘più sano’, anzi. Noto invece che molte piccole industrie vanno più verso un concetto di agricoltura sostenibile in cui entrano in gioco diversi fattori. Ad esempio la macinatura a pietra delle farine: garantisce integrità del chicco, che sia mais o frumento, e quindi una migliore digeribilità e anche un miglior sapore.”