Mi sono trasferita a Milano nel 2014. Fino ad allora ero sempre vissuta in casa dei miei genitori dove il caffè era uno solo: quello della Moka. In tempi più recenti in cucina era comparsa anche una macchina del caffè con le capsule ma non era mai riuscita a raggiungere l’importanza della Moka rosso fuoco sempre troneggiante sui fornelli. A Milano sono venuta a conoscenza con una new wave del caffè che proprio in quel periodo stava crescendo fino a travolgere tutta la città, in cui hanno iniziato a spuntare a ogni angolo insegne reclamizzanti specialty coffee, caffè filtro, chemex, V60 e altre sigle astruse. Baristi con baffi hipster hanno iniziato a trattarci da inesperti se mettevamo lo zucchero nel caffè o chiedevamo se era possibile accelerare un pochino i tempi perché stavamo aspettando che il nostro caffè si filtrasse da 20 minuti. Fast forward a otto anni dopo: a casa mia ci sono due diverse macchine per fare il caffè filtro e una Nespresso. Ma niente Moka.
La “moda” del caffè ci ha insegnato che noi italiani non siamo i più bravi del mondo a fare i caffè e la qualità media degli espresso al bar è pessima – il più delle volte sono bruciati e bevibili solo perché li buttiamo in giù in fretta. Ci ha fatto conoscere la filiera del caffè e le sue varie tipologie, assecondando i nostri gusti, e perfino ad abbinarlo con i cibi giusti. Ma forse ci ha fatto dimenticare la bellezza di una Moka fatta a regola d’arte. Ne abbia parlato con Fabio Dotti, coffee ambassador del gruppo Agust, che ci ha raccontato i segreti per fare una Moka perfetta.
Come fare la Moka: l’acqua
Prima di tutto bisogna scegliere la Moka giusta, che deve essere di acciaio inox o alluminio di ottima qualità. Poi un’altra scelta che apparentemente sembra poco importante ma non lo è affatto: l’acqua. “Non ci pensiamo mai, ma l’acqua è fondamentale,” spiega Dotti. “Purtroppo quella ‘del sindaco’, dai rubinetti, non è quella ideale. Non sappiamo cosa c’è sciolto dentro o quanto cloro contenga. Sarebbe meglio un’acqua filtrata o imbottigliata con residuo fisso medio-basso, PH tra sei e mezzo e otto e durezza 50-175 pm.”
Vi sembra già un sacco di lavoro? Beh, pensiamo a quanto tempo spendiamo per scegliere il vino giusto all’enoteca, o le verdure al mercato: perché il caffè, una cosa che la maggior parte di noi beve tutti i giorni, dovrebbe ricevere meno attenzioni? È importante anche capire quanta acqua mettere: per ogni grammo di caffè ci vanno 10 grammi di acqua (quindi in media per una Moka da circa tre persone 15 grammi di caffè). La temperatura dell’acqua è un tema che divide molto i puristi ma Dotti non ha dubbi: va riscaldata a 45-50 gradi.
La Moka Perfetta: Trucchi
Siamo arrivati al momento di mettere il caffè macinato dentro la Moka: non bisogna creare montagnette o dislivelli e nemmeno premere eccessivamente. Bisogna mettere la Moka a fuoco basso con il coperchio aperto. Ebbene sì, aperto. Vi stiamo togliendo la poesia e smontando uno per uno tutti gli stereotipi sulla Moka? Ne smontiamo un altro: non bisogna aspettare che il caffè gorgogli per togliere la Moka dal fuoco perché nel frattempo il caffè potrebbe già essere bruciato. Dovete spegnere il fornello quando ormai il caffè è quasi salito del tutto e lasciarci sopra la Moka per farlo finire di salire. Vi verrà più facile controllare questo momento se appunto tenete il coperchio aperto.
Ultimi segreti per una moka perfetta? Fabio Dotti suggerisce di “mescolare sempre il caffè prima di servirli. E quanto allo zucchero, beh, sempre meglio non usarlo affatto o usarne il meno possibile.” Ma questo l’avevamo già imparato grazie ai rimproveri dei baristi con i baffi e le bretelle che ci guardavano malissimo quando chiedevamo una bustina di zucchero di canna. Lo zucchero altera il sapore del caffè: disabituatevi a usarlo. Punto.
Tra i falsi miti sulla Moka più pervasivi c’è quello di non pulirla mai. Falso! Dotti ci ricorda che dopo l’uso bisogna sempre pulirla utilizzando detergenti appositi (o anche solo acqua): “Tutti diamo per scontata la Moka. E invece anche prepararne una buona richiede studio e approfondimento.”