Quanti di noi, guardando il prezzo di un prodotto alimentare, riescono ad andare al di là della convenienza personale e pensare a cosa c’è dietro a quella cifra? Quanti di noi riescono a dire “Costa troppo poco?”.
A farci riflettere è Slow Food, l’associazione del Buono Pulito e Giusto, che negli ultimi tempi si sta impegnando molto a portare l’attenzione sul tema dei braccianti. Nel caso dei prodotti di provenienza agricola, un prezzo “troppo” basso nasconde spesso inequità nella catena di produzione, trasformazione e distribuzione e, specialmente nel Sud Italia, un sistema di caporalato che ancora fa lavorare migliaia di persone (quasi sempre straniere) in condizioni inumane.
Slow Food ha creato una grafica che riassume “i principali costi che un’azienda agricola deve sostenere per produrre una bottiglia di passata di pomodoro” basandosi sull’Azienda Agricola Pietrasanta che produce passata biologica di pomodoro fiaschetto, un Presidio Slow Food a Torre Guaceto, nel Salento. Il costo minimo della passata risulta essere 2,80 euro: quante volte l’abbiamo pagata molto di meno?
La grafica fa parte della campagna #Dietacaporalatofree della rete giovane di Slow Food Italia (Slow Food Youth Network Italy) per incentivare prezzi più equi e una maggior presa di consapevolezza di quello che accade lungo la filiera del pomodoro – ma non solo.
Il primo passo? Capire come funziona la filiera alimentare. Leggere le etichette. Informarsi su dove, come e da chi viene prodotto il cibo che mettiamo sulle nostre tavole. E capire che il prezzo finale deve essere sostenibile non solo per noi consumatori, ma anche per chi ha contribuito a portare quel cibo sulle nostre tavole.