Secondo la giornalista, la selezione della materia prima è il punto di partenza per mettere frutta e verdura al centro del piatto, non relegandole al ruolo di ingredienti minori. Nel mondo della ristorazione c’è ancora molto da fare, ma alcuni grandi chef mostrano la direzione.
Licia Granello è una firma storica del quotidiano La Repubblica, dove scrive dal 1981 occupandosi a tempo pieno di enogastronomia dal 2001. Tra i suoi libri ci sono Il gusto delle donne, venti racconti al femminile sul mestiere della tavola (Mondatori, 2012), e Mai fragole a dicembre, appassionato invito a cibarsi di prodotti di stagione nel rispetto dei tempi della natura (Rizzoli, 2007). Chi meglio di lei può quindi aiutarci a far luce sull’uso di frutta e verdura in chiave gourmet da parte dei grandi chef?
Per lavoro frequenta spesso ristoranti stellati o comunque d’autore. Qual è il ruolo attribuito alla frutta e alla verdura nelle cucine dell’alta ristorazione?
Vorrei poter dire che frutta e verdura non sono più considerate ingredienti “minori”, ma nella maggior parte dei casi avviene il contrario. In particolare la frutta deve ancora essere abbondantemente sdoganata e il motivo, a mio avviso, è legato soprattutto a un retaggio culturale. In passato, il consumo della frutta a fine pasto suonava più come un dovere che un piacere. Specialmente nelle case più abbienti, c’era una tecnica assai rigorosa per sbucciarla con il coltello e la forchetta. E questo lavoro extra la rendeva ancora più ostica, soprattutto agli occhi dei bambini, un po’ come il pesce, con le lische e le spine da togliere… Non è un caso che ancora oggi i più piccoli – ma non solo – amino molto le banane, le ciliegie, le fragole… tutti frutti facili da aprire, che non richiedono troppo tempo per essere gustati.
La moderna associazione frutta e verdura uguale benessere ha cambiato un po’ le cose?
In parte sì. Oggi i riflettori sono puntati sui benefici legati a questi cibi: la loro ricchezza di vitamine, sali minerali e altri micronutrienti fondamentali per l’organismo. E c’è poi un altro tema da ricordare: la diffusione della dieta vegetariana e vegana. Sicuramente l’affermazione di questi stili alimentari va nella direzione della valorizzazione della verdura in primis, ma anche della frutta. Attenzione però: la leva del benessere è utile, ma non deve essere l’unica, altrimenti passa l’idea che frutta e verdura siano un cibo proibitivo. Al contrario, sia l’una che l’altra vanno esaltate per la loro bontà e piacevolezza intrinseche. Gli chef di oggi e di domani hanno una sfida importante da affrontare: invogliare i loro ospiti a scegliere un piatto anche se non contiene carne o pesce. Non come alternativa light bensì come proposta intrigante di gusto.
Come fare?
Il mio consiglio non può che essere uno solo: la rigorosa selezione della materia prima di partenza. Se si cucina con frutta e verdura di qualità eccellente, non c’è assolutamente bisogno di manipolarle e quindi in qualche modo di nasconderle. Al contrario, il loro sapore è pieno, ricco, espressivo, perfettamente in grado di “reggere” l’intera preparazione. Va da sé che gli chef che operano al Centrosud – una sorta di “orto a cielo aperto” – sono molto avvantaggiati perché la loro disponibilità di prodotti è maggiore, così come la possibilità di approvvigionarsi senza troppi passaggi.
Pensando alla centralità di frutta e verdura, quali sono i primi piatti che le vengono in mente?
Ovviamente l’insalata 21-31-41 dello chef Enrico Crippa del Ristorante Piazza Duomo di Alba, che ha fatto della ricerca sui prodotti di natura vegetale una delle colonne portanti della sua cucina, creando un sistema virtuoso di orti e serre presso cui si rifornisce. E che dire dei ravioli di minestra maritata dello chef Gennaro Esposito della Torre del Saracino di Vico Equense? Al suo interno trovano posto vari tipi di scarola e broccoli, ma anche bietole, cardi, spinaci, cicoriette, carote, coste, pomodori e molte altre verdure che fanno da degno contraltare al ripieno di carne dei ravioli. Insomma, esempi virtuosi di creazioni gourmet che esaltano la frutta, ma soprattutto la verdura, non mancano. Le nuove generazioni devono seguire la strada tracciata da questi grandi maestri senza paura di osare. L’unico limite è la fantasia dello chef, come dice Ferran Adrià.